Charles
Baudelaire
(1821-1867)
Poeta e critico francese,
parigino,angustiato da continue difficoltà economiche minato
dalla solitudine, votato all'abisso
totale: la perdizione, il male, il nulla, l' ebbrezza, la luce, l'essere,
all'uso della droga, agli improvvisi mutamenti di umore. L'opera principale è
Les fleurs du mal (1857) poema che rispecchia una vita estesa , una storia di
tensioni: l'ignoto, il diverso, il vertice, la carne ed i suoi appetiti. Les
paradis artificiels (1860) sono un quadro sugli stupefacenti a sull' artista.
del 1868, postumi, sono Curiosités esthétiques che raccoglie articoli su
pittura e pittori, e L'art romantique, scritti letterari e musicali.
LA
DISTRUZIONE
Senza
posa al mio fianco s' agita il Maledetto,
e
come un vago soffio nell' aria si dirama;
io
lo respiro e sento che mi versa nel petto
il
fuoco d'un'eterna e colpevole brama.
A
volte, poiché sa quanto l'Arte m'attiri,
d'una
maliosa donna le sembianze disegna
e
coi più gesuitici e speciosi raggiri
ignobili
misture alle mie labbra insegna.
Così,
senza né forze né fiato, mi conduce
lontano,
ove nessuna orma di Dio riluce,
nelle
piene del Tedio, infinite, deserte;
e
getta nei miei occhi pieni di confusione,
mucchi
di vesti sozze, grandi ferite aperte,
e
la tua sanguinosa maschera, o Distruzione!
DONNE
DANNATE
Come
un pensoso armento sdraiate sulla costa,
volgono
gli occhi al cerchio immobile dei mari,
e
i piedi che si cercano, le mani che s'accostano
hanno
dolci languori soprassalti amari.
Cuori
anelanti a lunghe confidenze, si spandono
talune
nei boschetti, tra i garruli ruscelli,
l'amore
delle timide infanzie sillabando,
e
incidendo la scorza dei giovani arboscelli.
Altre,
simili a suore, con passo lento e grave,
attraversan
le rocce piene d'apparizioni,
fra
cui vedeva Antonio sorgere come lave
nudi
e purpurei i seni delle sue tentazioni.
Altre
ancora, il cui petto ama gli scapolari,
sotto
le lunghe tuniche nascondono il cilizio,
e
mischiano nei boschi notturni e solitari
la
schiuma del piacere ai pianti del supplizio.
Voi
tutte, mostri, vergini, martiri, indemoniate,
che
la Reale lanciaste una superba sfida,
menadi
e sante, anime d'infinito assetate,
ora
colme di lacrime, ora colme di grida,
voi
che nel vostro inferno ho accompagnato, povere
sorelle,
io vi commisero e guardo con amore,
per
la doglia, e lo spasimo di seti sempre nuove,
e
l'urne di passione che vi gonfiano il cuore!
LA
FONTANA DI SANGUE
Mi
par che a volte il sangue mi scorra fuori a fiotti,
come
una fonte scossa da singhiozzi dirotti;
io
sento che con murmure lungo da me dilaga,
ma,
per quanto mi palpi, non so trovar la piaga.
Filtrando
dentro i rioni, come in chiusi ridotti,
va
mutando le selci in natanti isolotti;
la
sete del creato copiosamente appaga,
e
imporpora ogni erba, ogni acqua, ogni plaga.
Ho
chiesto a scaltri vini l'inganno d'una remora,
contro
il terror insonne nell'anima mi cova:
ma
il vino occhi ed orecchi aguzza a tutta prova!
Nell'amore
ho cercato il torpore che smemora...
ma
l'amore è null'altro che un letto d'aghi ov'io
devo
a crudeli femmine spartire il sangue mio!
ABELE
E CAINO
I
Razza
d'Abele, eccoti il pane, il vino,
il
sonno: Dio ti sorride indulgente.
Striscia
nel fango, razza di Caino,
vivici
e muorici miseramente.
Razza
d'Abele, l'incenso che offri
alle
nari degli angeli si sposa.
O
razza di Caino, quel che soffri
non
avrà dunque mai fine né posa?
Razza
d'Abele, guarda: ti fiorisce
ogni
seme, le mandrie sono sane.
O
razza di Caino, le tue viscere
urlano
fame, come un vecchio cane.
Razza
d'Abele, scàldati che annotta,
scàldati
il ventre all'avito camino.
Tu,
povero sciacallo, in una grotta
trema
di freddo, razza di Caino!
Razza
d'Abele, cresci fa' all'amore:
anche
il tuo oro prolifica, vedi!
Tu,
razza di Caino, ardente cuore,
guai
se a voglie sì veste ti concedi!
Razza
d'Abele, al par che nelle scorze
la
cimice, tu pascoli e rifigli!
O
razza di Caino, con le forze
ultime
dietro trascinati i figli!
II
Ah,
farai grossa con la tua carogna,
razza
d'Abele, la fumante terra!
O
razza di Caino, ti bisogna
lottar
ancora a capir la tua guerra.
Razza
d'Abele, onta su te: la spada
non
sa più con lo spiedo contrastare!
O
razza di Caino, fatti strada
al
cielo e fanne Dio precipitare!
LA
MORTE DEGLI AMANTI
Avremo
letti intrisi di sentori
tenui,
divani oscuri come avelli,
sulle
mensole nuovi e strani fiori,
nati
per noi sotto cieli più belli.
Consumandosi
a gara, i nostri cuori
come
due grandi torce due ruscelli
verseranno
di vampe e di fulgori
nei
nostri spiriti, specchi gemelli.
Una
sera di rosa e azzurro mistico,
un
lampo solo ci vedrà commisti,
lungo
singhiozzo carico d'addio.
Un
angelo, schiudendo indi le porte,
a
ravvivar verrà, gaudioso e pio,
gli
specchi opachi e le due fiamme morte.
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