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Pessimismo leopardiano
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Al prof. Franco
Salerno,
maestro di humanae
litterae
e dell'arte di
verseggiare. |
Le caratteristiche specifiche della posizione leopardiana
appaiono più chiare se ripercorriamo l'evoluzione che il rapporto
"pessimismo-progressismo" subisce nel suo pensiero. Il processo, che porterà
l'autore dall'iniziale "pessimismo storico" al "pessimismo cosmico" e poi oltre,
è meglio identificabile seguendo l'evoluzione della dialettica:
"natura vs ragione", che può essere inquadrata in quattro fasi fondamentali.
Nella I FASE, dal 1816 al 1818, inizia il pessimismo storico. La natura è
positiva, in quanto crea gli uomini felici, nascondendo ad essi la loro
obiettiva infelicità. La ragione è negativa; progresso e civiltà infatti
uccidono le illusioni e sostituiscono al fantastico il certo.
La II FASE,1819, comprende la conversione filosofica. Solo la ragione può venire
in nostro aiuto, recuperando il primitivo che c'è in noi (il valore
dell'infanzia e del ricordo), e suggerendo delle soluzioni storiche e sociali
per risolvere l'infelicità dell'uomo: lo scopo sarebbe quello di ottenere una
società più giusta e più vicina alla natura, un progetto irrealizzabile, che
porterà il poeta alla cosiddetta "delusione storica".
Tra il 1819 e il 1820, vedranno la luce "Gli Idilli", nei quali la concezione
della natura è ancora benigna, ma comincia a profilarsi l'idea di "natura
matrigna": la quale esclude l'uomo [infinito v.3]. La ragione è nemica della
natura, anche se non è quella ragione primitiva di cui si serve l'uomo nello
stato naturale, è nemico della natura quell'uso eccessivo della ratio tipico
dell'uomo corrotto. Si intravede qui una prima rivalutazione del ruolo salvifico
della ragione.
Tra il 1820 e il 1822 si assiste alla transizione verso il pessimismo cosmico.
La dialettica natura vs ragione è sostituita dalla dialettica natura vs fato. La
natura è si bella e poetica ma esclude il poeta da sé stesso; il fato invece è
responsabile del destino dell'uomo.
Nella III FASE, 1823-1824, la natura è matrigna: ha creato l'uomo al dolore ed è
indifferente al suo destino. La ragione è qui vista come un'arma per distruggere
le illusioni umane sulla felicità, e per indagare freddamente la tragica verità
del destino umano.
Tra il 1823 e il 1829 c'è un affievolimento della dialettica natura vs ragione e
si fa strada la pietà. La natura viene accomunata al dolore dell'uomo, la
ragione viene superata dal sentimento, che a sua volta vince l'indifferenza
filosofica, ma non da spazio al trionfo delle illusioni.
Nei "Grandi Idilli"1828-30, ritorna lo sdoppiamento (già citato nei "Piccoli
Idilli") della natura: 1)in quanto realtà naturalistica è messa in rapporto al
dolore dell'uomo; 2) in quanto forza imperscrutabile e regolatrice del destino
dell'uomo è vista come matrigna indifferente. Anche riguardo alla ragione c'è
uno sdoppiamento: 1) da un lato non ci fornisce la spiegazione ultima
dell'esistenza [Canto notturno…]; 2) dall'altro ci fornisce almeno una
consapevolezza: che la felicità è impossibile [Quiete dopo la tempesta e Sabato
del villaggio].
La IV FASE, dal 1830 al 1837, l'ultima evoluzione: la natura è l'unica
responsabile dell'infelicità dell'uomo, che ha radici naturali e biologiche nel
corpo e nella inevitabilità della vecchiaia e nella morte. La ragione è l'unico
strumento per sgominare ogni falsa credenza nell'ottimismo
psicologico-spirituale (cattolicesimo) e nell'ottimismo politico-sociale
(liberalismo). Vediamo qui come il Leopardi giunge ad una posizione nettamente
contrapposta a quella iniziale del 1816- 1818.
Luigi
Giotto Buonaiuto
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