Il Surrealismo
Il Surrealismo deve essere considerato un vero e proprio movimento d'avanguardia, perchè nacque, come per il Futurismo, con finalità teoriche e
letterarie. Il primo manifesto Surrealista viene scritto e firmato nel 1924 a Parigi da Andrè
Breton, che cita un numeroso gruppo di poeti e letterati suoi amici( Aragon,
Soupault). Da manifesto letterario si trasformò in artistico, quando si strinsero intorno a Breton sempre più artisti: Max
Ernest, il dadaista Marcel Duchamp e De Chirico,che già qualche anno prima, con le sue opere metafisiche, aveva anticipato
quell'atmosfera senza tempo,
onirica , cara ai surrealisti. Ma, il Surrealismo, può essere considerato anche l'ultimo movimento d'avanguardia, non perchè le avanguardie artistiche cessino di esistere negli anni 20, ma, senza dubbio, tutte le correnti innovatrici che attraversarono questi decenni, non sono altro che la continuazione dei movimenti nati prima.
In effetti il Surrealismo nasce con una forte componente Dada, infatti i principali esponenti del movimento, tra cui
Breton, hanno partecipato all' avventura Dada fino al suo completo scioglimento, nel 1922. Anche nel Surrealismo esiste, come nel Dadaismo, una "religione del caso"; non concepito come "contrario del voluto", ma come "rivelatore" che impone di prendere in esame dati che la logica tradizionale rifiuterebbe. Quindi il vero bersaglio del Surrealismo è il pensiero tradizionale, il mito della "Ragione", cui si oppone la nuova prospettiva della psicoanalisi freudiana, il mondo dell'inconscio e del profondo.
Breton proponeva in pratica di liberare la mente da qualsiasi pregiudizio che potesse frenare la libertà di espressione dell'artista: il poeta deve registrare attraverso la "scrittura automatica",
l'intero flusso del suo pensiero, senza limitazioni estetiche, morali o logiche. Qualsiasi parola, qualsiasi immagine, anche quella più apparentemente immotivata, va registrata al suo affacciarsi alla coscienza. Così anche il pittore può dipingere qualsiasi immagine gli si presenti in mente, o anche lasciar correre la mano sul foglio o sulla tela, così, istintivamente.
Tra gli artisti che traducono in termini pittorici l'espediente della "scrittura automatica" usata dai poeti, (che non è l'unico espediente creativo caro ai surrealisti, ma ve ne sono altri che tendono a rendere ricettive le menti, a riempirle di luce: la
flanerie, il girovagare senza meta, aspettando una scoperta, una coincidenza, un fatto casuale che metta in moto i recessi più profondi e nascosti della
mente.) il più importante è sicuramente Joan Mirò che da vita a un linguaggio di grande libertà, in cui sembra che sia l'inconscio più che la volontà a dettare ritmi e forme all'artista, mentre il quadro si costruisce poco a poco su se stesso. Mirò attinge all'inconscio primitivo del bambino e del selvaggio, creando un mondo solare che sembra nascere più dal gioco che da una severa speculazione sull'arte, dando vita a una libera creatività, che sottolinea il valore magico degli interventi del gesto, del segno.
Un secondo gruppo di artisti, quelli che portano avanti il surrealismo più "figurativo", che rielaborano in modo più o meno personale la lezione di De Chirico, quando il
quadro diventa una grande "scena teatrale", a volte metafisicamente vuota, a volte popolata di presenze fantastiche, tra questi potremmo citare lo spagnolo Salvador Dalì e i belgi Renè Magritte e
Delvaux.
Per tutti fondamentale è la lezione di De Chirico: nelle prime opere di Magritte compaiono manichini
e strutture che ricordano le "nature morte" metafisiche; quanto a Dalì, è molto evidente la struttura a palcoscenico delle sue opere, tipica di De Chirico. I due artisti sono molto diversi tra di loro. Dalì vuole stupire, e si rifà non a caso a un tardo manierista,
Arcimboldi, con le sue "forme doppie" e i suoi "oggetti molli" , creò nei primi anni trenta, immagini di grande suggestione, ma in seguito il suo genio si trasformò in una vera e propria macchina di soldi e la sua pittura rimase soltanto la vuota esibizione di una tecnica e di giochi visivi fini a se stessi.
Molto più complesso è il discorso su Magritte. Dietro allo stupore e alla sorpresa dei suoi paradossi visivi sta una vera e propria scienza della visione :"un oggetto non ha la stessa funzione del suo nome o della sua immagine". Per Magritte il mondo delle immagini ha altre leggi rispetto alla realtà. La sua pittura si diverte a mettere in scena sia parole che immagini, come il famoso quadro che sotto una pipa iperealista accampa la frase:
"Questa non è una pipa", quindi la rappresentazione non coincide con la realtà.
Un il terzo gruppo di surrealisti è formato da una folta schiera di artisti provenienti dalle file del Dadaismo, come
Duchamp, Man Ray, Arp, Picabia, Max Ernest ecc...Per quest'ultimo artista è necessario un discorso a parte; è l'unico che tocca tutti gli aspetti fondamentali della ricerca visiva surrealista: attraverso i suoi procedimenti "automatici", come collagista e come surrealista figurativo.
Luca Ferrara
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