Il Dadaismo
All'interno del panorama
dei gruppi di tendenza, nati tra gli inizi del novecento e la fine della prima
guerra mondiale, il Dadaismo si distingue per una curiosa particolarità: la sua
ideologia è apparentemente quella di non avere nessuna ideologia. I suoi
programmi si discostano nettamente da quelli di altri gruppi redatti con gran
cura e impegno teorico, proprio perchè è il gioco, l'ironia, la stupidità
demenziale a rientrare nel territorio dell'arte.
Dada
propone una creatività sfrenata, senza freni ,non particolarmente connessa
all'esercizio di tecniche artistiche specialistiche: tutti possono fare un'
opera Dada. Infatti, alcune opere nascono così, per caso (come le poesie di
Tzara composte da ritagli di giornali pescati come capita da un sacchetto),
altre sono fatte di materiali poveri o quotidiani (i collages), altre non sono
neppure propriamente realizzate (come i "ready-mades" di Duchamp), ma prese già
fatte.
Eppure Dada dimostra come nonostante questa accusa di non serietà, di
indifferenza verso la pratica "giusta" delle tecniche artistiche ,l'arte sia una
cosa seria, e non possa essere praticata che dagli artisti: l'artisticità si
nasconde e si ritira nelle pieghe del "gesto" compiuto dall'artista, nella
capacità di scegliere più quella di "eseguire". Per cui è l'atto mentale a
giocare un ruolo importante , superando il gesto manuale.
Senza essere un movimento politico (al contrario del Futurismo che fonderà
addirittura un partito), il Dadaismo è programmaticamente antisociale : sceglie
di distruggere la società che è giunta con la prima guerra mondiale, alle soglie
dell'autodistruzione ponendo come bersaglio il fondamento stesso della società:
il linguaggio. Così, minando le basi della comunicazione, accusando il passato
,la retorica e il tradizionalismo, compie un gesto simile a quello dei
Futuristi. Del resto, anche molte delle tecniche che i dadaisti adottano
sembrano prese dal repertorio dei futuristi : le famose "serate" in cui il
pubblico veniva sbeffegiato più che informato sull'attività del gruppo; l'uso
delle riviste come strumento di diffusione di
contenuti e di immagini ; lo sconfinamento continuo tra le arti (poesia,
musica, teatro, cinematografo ) .
Le somiglianze con il Futurismo finiscono qui, perchè forte era l'antipatia che
i dadaisti nutrivano per Marinetti, e perchè, al contrario del Futurismo ,questo
non era un movimento organizzato, e gli permise ,per questa anarchia ideologica
,di diffondersi con varie sfumature in diverse città europee e a New York.
L'origine stessa del nome Dada è controversa e va, infatti, intesa come un
nonsenso, nato dalla voce francese dada ( il cavalluccio giocattolo dei
bambini), o dal sonoro "DA! DA! " (SI! SI!) , che si scambiavano tra loro.
Perciò Dada è un suono, più che una parola, proprio perchè, senza senso, diventa
il contenitore ideale di questo gruppo di intellettuali arroccati "sull'isola
della vita in mezzo all'oceano della morte", cioè nella Svizzera neutrale in
mezzo all'Europa in fiamme.
La prima fase veramente “internazionale”
di Dada inizia quando Picabia si reca a Zurigo nel 1918, proveniente da
Barcellona, portando con se i numeri della rivista “391” , che mostra agli
artisti di Zurigo come il dadaismo fosse una realtà in atto in varie parti del
mondo. Se a Picabia,
Duchamp, Man Ray rappresenteranno il Dada più sofisticato , sicuramente è
al gruppo zurighese che spetta
il merito di aver dato un nome, una struttura o un modello di “gruppo”.
Le scelte Dada
sono abbastanza chiare: si alla non-figurazione ,si al collages(anche se di
derivazione cubista è qui inteso in senso astratto),si a una creatività libera ,
senza freni.
Uno dei primi artisti Dada a scegliere il collages
e l’assemblages come tecniche preferenziali è Hans Arp , sostenitore di
una “religione del caso”: alcuni suoi collages sono ottenuti facendo cadere dei
ritagli su
un foglio e fissandoli così come sono precipitati .
Marcel Duchamp può essere
considerato il dadaista per antonomasia. Ptima di unirsi al gruppo di
Zurigo,Duchamp, che proveniva
da esperienze cubiste, aveva già abbandonato la pittura per esperienze
sconvolgenti come i “ready-mades”, oggetti
comuni dichiarati
capolavori perché “scelti “ dall’artista.Altro grande ex cubista , amico
di Duchamp è Francis Picabia (1879-1953) abbandonati gli esiti del suo anomalo
cubismo , si mette a disegnare “macchine inutili”, immagine metaforica di
un’umanità disumanizzata che vive secondo ritmi puramente meccanici, senza
libertà. Praticamente, sia Duchamp con i suoi “raedy-mades”, sia Picabia con le
sue “macchine inutili “, teorizzano una sorta di anti-arte o di anti-pittura. In
cui è evidente che l’artisticità non ha nulla a che fare con l’abilità
esecutiva, ma si rifugia entro una specie di accordo spirituale tra artista e
spettatore.
Man
Ray (1890-1976), primo rappresentante americano di Dada, è una figura poliedrica
che attraversa , a fianco di Duchamp, Dadaismo e Surrealismo. Il mezzo preferito
di questo artista è la fotografia, che contribuisce ad elevare a livello d’arte
e che introduce nel contesto delle arti figurative con un valore analogo a
quello della pittura.
Max Ernest(1890-1976) è la voce più interessante del gruppo di Colonia, si
segnala subito per un linguaggio articolato attivo su più registri : collages ,
fotomontaggi. Come De Chirico interrompe i legami logici che lo spettatore si
attende dal quadro così Ernest opera all’interno di un quadro
delle sostituzioni che danno all’immagine un aspetto urtante.
Altri esponenti significativi del Dadaismo tedesco sono : George Gros, John
Heartfield,
Raoul Hausmann (che fu a quanto pare l’inventore del fotomontaggio), e
Kurt Schwitters, grande figura di collagista. L’opera più importante di questo
artista , andata purtroppo distrutta, fu un enorme collage ambientale, il “merzbau”,
che l’autore costruì in una stanza della sua casa, che potremmo definire una
scultura in cui lo spettatore entrava all’interno, invece di girarci intorno.
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