Memoria
" Desidero parlarle, professor Khuiy,
posso entrare? La porta era aperta. In verità ho bussato, ho aspettato, ho
bussato di nuovo, la porta era aperta e sono entrato. C'e silenzio qui intorno.
Non ci vive nessuno? E' stato difficile trovare la sua casa. So che lei
preferirebbe essere lasciato in pace, spero di non disturbarla troppo, ma le
sarei veramente grato se mi ascolterà. Sapevo di poterla trovare qui, grazie
alla memoria che di lei hanno alcuni suoi conoscenti, persone che non vede da
anni. Molti la ricordano. Chi l' ha conosciuta ricorda di lei gli occhi. Il suo
sguardo rigido e lucido, concentrato a svelare negli occhi dell'altro i luoghi
in cui nascondersi, è un pensiero del professor Ponte, suo collega, se lo
ricorda? Ancora si chiede perchè da anni se ne sta qui, nella sua casa lontano
dalla città, nascosta dagli alberi. E' vero che è a picco sulla valle? Proprio
sulla rocca? Di lei immaginano che trascorra interi pomeriggi alle finestre.
Dalle camere al piano superiore lo sguardo sembra perdersi ben oltre l'immagine
del proprio sguardo. E' vero? Più tardi, se vorrà, potrebbe accompagnarmi, così
potrò vedere prima di poter ricordare senza aver visto ".
Il professor Khuiy era rimasto seduto sulla poltrona davanti alla vetrata,
ascoltando in silenzio.
Non ricordava di aver mai visto quell'individuo il cui aspetto comune per un
uomo della sua età pareva senza dubbio simile a tanti altri.
Era vero che da anni il professor Heinrich Khuiy viveva in totale isolamento.
Una vecchia cugina una volta a settimana, il martedì o il giovedì, gli portava
quanto Heinrich richiedeva.
Usciva di casa solo per passeggiare nei dintorni del bosco, verso la strada, o
verso il baratro sulla pianura sottostante, dove ramifica la città.
Durante una conferenza, poco più di dieci anni prima, aveva dichiarato che i
successi della sua carriera di ricercatore avevano solo, e aveva ribadito, solo,
rinnovato di volta in volta in lui l'assoluta indifferenza nei confronti della
mète conseguìte, per cui aveva deciso di rinunciarvi. In quella occasione aveva
annunciato anche che avrebbe lasciato le cattedre di escatologia fisica e di
escatologia del mare.
Viveva da allora dei proventi per i diritti delle sue opere più famose, " Il
futuro delle ragnatele " e " La fine della fine ".
-" Le dispiace se mi siedo? Sa, arrivare fin qui a piedi..., si deve lasciare
l'auto sulla strada e non è facile orientarsi fra tutti quegli alberi. C'è pure
una sinistra foschia. Temevo di smarrirmi. Professore, desidero che lei mi
ascolti ".
-" Non credo che mi possa interessare ciò che ha da dirmi". Spiegò freddo. Si
alzò dalla poltrona e accarezzò col dorso delle mani la trasparenza del vetro.
-" Le chiedo scusa, non mi sono presentato ".
-"Non c'è premura -parlava dando le spalle all'uomo che intanto si era seduto-,
potrà dirmi il suo nome quando andrà via, tra un attimo".
-" Credo che quando le rivelerò le ragioni per cui sono venuto a cercarla ,
capirà che avrò fatto bene a insistere perché mi ascolti ".
Heinrich si voltò.
Fissava l'inatteso ospite che imperturbabile non evitava il suo sguardo. Gli
leggeva negli occhi insolita ostinazione.
Rimanevano in silenzio, l'uno di fronte all'altro. Heinrich in piedi, dietro di
lui gli alberi oltre la parete di vetro, a un passo da lui lo sconosciuto
visitatore che si era alzato e lo fissava immobile.
-" Non ho potere su di lei -disse Heirich- è quindi inutile che perda altro
tempo a dissuaderla. Mi auguro che quanto ha da dirmi sia per me di piacevole
ascolto, che non mi annoi, altrimenti avrò voglia di interromperla, mi limiterò
comunque a uscire da questa stanza, lasciandola solo con le sue parole, fin
quando deciderà cosa fare di sé ".
-" Le spiegherò la ragione per cui sono qui, professore. Che cosa penserebbe se
le dicessi che io la conosco meglio di qualunque altro, professor Khuiy?
Penserebbe che sono un suo affezionato ex-studente, che non ricorda, ne ha avuti
tanti di allievi. Un biografo. Un individuo turbato da sindrome di Fago di cui
lei è la res haurienda. Le assicuro che nessuna di queste ragioni è vera. Non ho
mai assistito ad una sua lezione, né ho mai sfogliato un suo libro, o letto il
suo nome su giornali, non l' ho mai sentita nominare alla radio o vista in
televisione. Come se non esistesse affatto, per me, naturalmente. Lei è una
persona, come ve ne sono milioni, che non mi ha mai conosciuto e che io non ho
mai conosciuto di persona prima d'ora. Eppure io la conosco meglio di chiunque
altro, professore. Io la conosco grazie alle persone che l' hanno conosciuta,
grazie alle loro impressioni che riguardano lei, professore. Grazie ai loro
ricordi. Vorrei non mi fraintendesse. Non sono venuto a ricattarla per tacere
qualche suo lontano segreto che ho scoperto, lei sa bene a cosa mi riferisco.
Sono qui perché ho bisogno di una spiegazione che lei può aiutarmi a trovare ".
-" Le mie conoscenze sono ormai superate e da anni occupo il mio tempo a non
pensare. Dubito che le potrò essere d'aiuto. In ogni caso chieda pure, è
possibile che la novità del suo caso susciti in me curiosità ".
Heinrich invita il visitatore a sedersi.
-"La ringrazio. Volevo assicurarmi della sua disponibilità, ma ora credo di
dover andare. Se per lei va bene tornerò domani nel primo pomeriggio ".
Heinrich mascherò lo stupore. -"D'accordo -disse- a domani ".
Accompagnò il visitatore alla porta. Si salutarono stringendosi la mano.
-"Non mi ha ancora detto il suo nome ".
L'uomo mostra un sorriso d'imbarazzo. Fruga nelle tasche della giacca e dei
pantaloni cercando qualcosa. Dalla tasca interna del soprabito estrae una
tessera.
-"Non lo ricordo -si scusa, poi legge-: Edgardo Nerini ".
La nebbia e la notte nascondevano gli alberi. Heinrich vide scomparire il
visitatore dopo pochi passi.
Il pomeriggio seguente pioveva grigio.Trascorreva immobile.
Heinrich seduto davanti alla vetrata guardava la pioggia cadere.
-" La porta era aperta, professore -la voce del visitatore coprì il ticchettìo
delle gocce - Non ho bussato perché ho pensato che mi stesse aspettando ".
-"Si accomodi pure dove vuole. -Heinrich indica il divano di fronte alla
poltrona sulla quale sedeva, la sedia dietro la scrivania, i cuscini sul tappeto
accanto alla parete di vetro- E' stato più facile trovare la mia casa, oggi? "
-"Non direi - è affannato- per di più piove. Vede, professore, forse avrà
intuito che ho seri disagi di memoria. Da un pò di tempo la mia memoria, la
memoria di me, è scomparsa. Comune amnesia, lei direbbe. E infatti non è proprio
di questo che le voglio parlare, o almeno non solo di questo. Non ricordo se le
ho già detto, perchè non sono certo in quanto è dal suo ricordo che potrei
stabilire se è già accaduto d'incontrarci, comunque sia, forse le ho detto di
conoscerla, prima ancora di conoscerla personalmente, grazie al ricordo che di
lei hanno quanti l' hanno conosciuta ".
Heinrich aveva meditato a lungo su quell'affermazione.
-"Da un pò di tempo -continuava il visitatore dopo essersi seduto-, non so
neanche quanto, un giorno, una settimana, un mese, ho ricordi che non mi
appartengono ".
Heirich lo interruppe -" Quelli che lei chiama ricordi che non le appartengono,
non potrebbero essere semplici fantasie, signore? ".
Il visitatore non tradì alcun fastidio alla legittima riflessione del professore
-"Anche io credo di aver pensato al principio -disse-, o solo ora lo penso, che
le immagini suscitate da una comune associazione d'idee potevano essere libere
prestazioni del mio immaginario. Ma ho prove che quelle immagini erano e sono
ricordi di uomini e di donne, vecchi, bambini. Ricordi di persone che magari non
ho mai visto. Grazie ai ricordi di alcuni di questi, come forse le ho già detto,
io l' ho conosciuta. La capisco se ha difficoltà a credermi. Potrebbe benissimo
pensare che io sia pazzo. Le posso dimostrare però che di lei io so cose che lei
solo sa. Come potrei esserne a conoscenza? No, non creda che possiedo facoltà
paranormali, non leggo il pensiero, o vivo della mia aura. Ciò che io so di lei
è nei ricordi che lei ha, di sé, di coloro che conosce, del suo passato. Io ho i
suoi ricordi e tanti altri di tanti altri, e crescono, si moltiplicano momento
dopo momento. Se riuscissi a pensare altro dalle visioni che pretendono la mia
attenzione, potrei impedire che si affollino sempre più numerose nella mia
mente. Se mi lascio vincere dalla distrazione aumentano, aumentano, si
associano, si sovrappongono, si incontrano, si mischiano ricordi e ricordi di
persone che forse ho conosciuto anche personalmente, di molte altre che, come
lei, forse sto conoscendo solo ora. Se sono distratto, ricordi che non mi
appartengono, ma che forse dovrebbero in qualche modo riguardarmi, aumentano
sempre più. A momenti forse ho pensato, o lo penso solo ora, che il mio cervello
può collassare per il troppo peso di tutti quei ricordi, che non mi appartengono
ma che per assurdo infine dovrebbero pure riguardarmi. Se chissà per quale
diavoleria ho inconsapevole potere di conoscere i ricordi di tutti, in questi
ricordi dovrei ritrovarvi anche i ricordi che hanno di me quanti mi hanno
conosciuto. Eppure, professore, in quei ricordi non ve n'è uno che mi riguardi.
Come se nessuno si ricordasse di me. Neanch' io mi ricordo di me, professore.
Forse per fare spazio, per fare spazio a questi ricordi che non sono miei, i
miei ricordi sono stati cancellati, e sono cancellati continuamente, tanto da
non ricordare cosa è accaduto intorno a me un minuto prima. Mentre memorie di
sconosciuti sommergono la mia memoria, la memoria di me mi abbandona ".
Heinrich aveva ascoltato senza più interrompere.
Il visitatore sembrava essere sincero, ma Heinrich non aveva strumenti per poter
credere alle sue parole.
-"Mi scuserà se dubito delle sue affermazioni..."
-"La scuso senz'altro e le assicuro che basteranno poche frasi per convincerla
che quanto affermo è vero ".
Riferì ad Heinrich eventi particolari, vissuti in quegli ultimi anni di
volontario isolamento, che era impossibile fossero conosciuti da altri oltre che
da lui, perché suoi erano quei ricordi e mai li aveva confidati ad alcuno.
Heinrich sentendo da quella voce le parole dei suoi pensieri ebbe la certezza
che quelle frasi si componessero solo in quel momento per la prima volta. Come
se il suo ricordo si fosse cancellato, e ricostruito solo dopo averlo rivissuto.
Per poi scomparire.
-"Qual è secondo lei, professore, il fine di questa sorta di epidemia di cui
sono la causa. Capisce cosa è successo in città, e chissà dove, persino su altri
mondi, professore? Io, ora dopo ora, assorbo la memoria di tutto! Lo sa che i
gatti ricordano? Anche alcune specie di scorpioni. Se esce da questa casa e
percorre solo qualche chilometro, troverà migliaia di vagabondi, vecchi, donne,
bambini, sporchi, lasciati a sé stessi, uomini che non sanno neanche più
parlare, folle di regrediti. Molti sono rimasti nelle loro case, a morire di
fame e di sete. Che senso ha tutto questo, professor Khuiy? Lei sa darmi una
spiegazione? "
-"Se pure l'avessi quale vantaggio ne avrebbe lei. Non servirebbe a mutare il
corso delle cose. -con misurata ironia poi aggiunse- Se ho ben capito anche io
tra non molto perderò completamente la memoria. Mi lascerò morire di sete!"
Sospirò alzandosi dalla poltrona.
-"Farà bene a credermi! Esca,vada a dare uno sguardo in città!"
Pietro Moretti
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